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Immaginazione Sociologica: Come Sviluppiamo un Senso del Sé? Da dove nasce il senso di colpa?

  • Immagine del redattore: L'EducAttore.
    L'EducAttore.
  • 9 ott 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Siamo animale sociali e ci nutriamo di relazione. Senza una relazione con l’altro ci priviamo della costruzione del proprio mondo interno, che se non nutrito rischia di affossarci in psicopatologie gravi.


Per esempio, attraverso uno studio dello psicanalista “Renè Spitz” su due orfanatrofi, possiamo infatti riscontrare delle differenze consistenti tra chi nei primi anni di vita riceve un contatto sociale e chi no: in uno dei due, i bambini della nursery avevano contatto con visitatori, guardiani, e con il trambusto della struttura, nell’altro ricevevano contatto umano solo quando dovevano essere nutriti. Nonostante i due orfanotrofi presentassero stanze calde, accoglienti, e protette, il 40% dei bambini della seconda struttura moriva entro i due anni, e chi sopravviveva sviluppava spesso dei disturbi emotivi e relazionali.

La mancanza di contatto sociale però distrugge anche chi è adulto: nelle carceri di massima sicurezza, i carcerati vivono 23 ore al giorno chiusi in cella isolati, e la loro salute mentale viene compromessa. Alcuni, spinti dalla ricerca della sensazione di non essere soli, tentano di comunicare con altri detenuti battendo i pugni sul muro o sui tubi in attesa di risposta; altri si suicidano.

Senza relazione non costruiamo la nostra identità, e senza identità è come se non esistessimo.

Ma come la costruiamo?


Ognuno di noi possiede un proprio “Sé Sociale” ovvero un senso dell’identità e della posizione sociale, che si genera e riformula attraverso l’interazione. Il se sociale costituisce il nucleo del nostro mondo interno, e viene alimentato attraverso il “Sé Riflesso”, ovvero l’immagine che costruiamo di noi stessi attraverso le impressioni che gli altri ci restituiscono (Charles, Horton Cooley 1902). L’approvazione degli altri è fonte di motivazione. E poiché desideriamo instaurare legame con gli altri cerchiamo di prevedere come sarà valutato ciò che facciamo. Assumendo il ruolo dell’altro tentiamo di conformarci alle aspettative degli altri per essere da loro accolti, e così loro con noi. Da qui nascono coscienza e senso di colpa: non vogliamo deludere gli altri per ricreare un senso positivo nel nostro essere.


Ma non tutti hanno per noi la stessa importanza. Con l’Espressione “Altro significativo” indichiamo coloro che ci sono abbastanza vicini da poter avere una forte capacità di motivare il nostro comportamento (George Herbert Mead). Un medico starà attento più alle opinioni dei suoi colleghi piuttosto che da quelle di qualcuno che non si occupa di medicina per esempio. Nel valutare le nostre azioni facciamo riferimento ad altre persone, le cui posizioni sociali e preferenze hanno una rilevanza particolare per la nostra autostima. Le collettività invece che influenzano il nostro comportamento e con le quali tendiamo a passare parte del nostro tempo sono denominate “Gruppo di riferimento”. All’interno di un gruppo talvolta possiamo trovare dei “Modelli di ruolo “ ovvero persone che hanno un influenza spropositata su di noi e di cui ne imitiamo lo stile di abbigliamento, come si muovono e come conducono la loro vita.



Stando con gli altri dunque arricchiamo il nostro modo di essere, adattiamo e sviluppiamo i nostri comportamenti, facciamo scelte di vita; ma non solo: impariamo a vivere nella società in cui cresciamo. Attraverso la socializzazione giungiamo a comprendere le aspettative e le norme del nostro gruppo e della nostra cultura, intesa come sistema di credenze e conoscenze del mondo dato per scontato. Siamo costantemente controllati dalle implicite intese comuni su ciò che è comunemente accettato e cosa no: passeggiamo per strada con la consapevolezza implicita di ciò che dobbiamo o non dobbiamo fare senza pensarci troppo (altro generalizzato).

Il Teatro Come Educazione al Senso del Sé:


Ogni persona è diversa dall’altra perché nessuno ha avuto le stesse interazioni sociali, e adattiamo il nostro comportamento e le nostre aspettative a seconda di chi abbiamo davanti; la pensiamo in modo diverso circa gli aspetti delle nostre identità che desideriamo mostrare, e circa il modo di farlo. Siamo costantemente sotto dei riflettori di un palcoscenico chiamato “Vita”, interpreti del nostro sé.


Interpretare diversi ruoli in diversi spettacoli non è interpretare qualcuno di distante da noi, ma ritrovare i panni di ciò che siamo nelle infinite situazioni della nostra vita, indossarli e fare dei passi in una direzione che la realtà non ci ha permesso di fare. Essere Attori, fare teatro è essere a contatto con tutti i nostri “Sé”: usiamo il sé riflesso quando dobbiamo passare una precisa immagine di chi vogliamo essere in una determinata scena, costruiamo la nostra motivazione su chi è particolarmente significativo in quel contesto (altro signifcativo) e delineiamo il carattere del nostro personaggio attraverso i nostri personali modelli di ruolo.


Fonte: Progetto Sociologia, Guida all'immaginazione sociologica di Jeff Manza, Richard Arum e Lynne Haney.

 
 
 

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